I PROBLEMI MEDICO-LEGALI DEL SUICIDIO

Il suicidio in generale. Consiste nella soppressione della propria vita mediante un'azione volontaria commissiva od omissiva. E' indubbio il significato antisociale del suicidio.

Studi statistici hanno dimostrato che il suicidio è in aumento nelle popolazioni più progredite e civili. E' più accentuato negli agglomerati urbani rispetto alle zone di campagna; è più frequente negli uomini che nelle donne; si manifesta con prevalenza nelle persone di età medio-avanzata (ultrasessantenni), nei soggetti coniugati, specialmente gli uomini in vedovanza e nelle classi sociali più deboli (pensionati, casalinghe).

Modalità di esecuzione. Si attua mediante impiccamento, precipitazione, annegamento, avvelenamento, tramite ferite d'arma da fuoco o da taglio o con particolari modalità, come quella di darsi fuoco, o di farsi investire da veicoli. In genere gli uomini ricorrono a mezzi più brutali, le donne a mezzi meno violenti e traumatizzanti.

Le cause del suicidio sono: affettive (dispiaceri amorosi, perdita di congiunti, contrasti familiari, ecc.); economiche (crack finanziari, miseria, perdite al gioco, ecc.); patologiche (malattie mentali, quali sindromi depressive, alcoolismo, schizofrenia, o malattie dolorose o neoplastiche).

Tipi di suicidio: individuale, collettivo, preceduto da omicidio.

Posizione giuridica del suicidio. Il codice penale italiano non punisce colui che sopravvive al tentativo di suicidio, in quanto la pena sarebbe inefficace come mezzo di intimidazione, ma fungerebbe a rafforzare il proposito suicida.

Il legislatore si è preoccupato di evitare ogni forma di pubblicità intorno al suicidio per evitare incitamenti all'imitazione in chi è già predisposto (nel 1990, dopo un suicidio collettivo in Alto Adige con CO dal tubo di scarico dell'automobile, si è verificata una catena impressionante di suicidi con le stese modalità in tutto il territorio nazionale). La legge di pubblica sicurezza del 1931 vietava la pubblicazione di ritratti dei suicidi nei giornali o in altri periodici; la legge 8/2/48, n. 47 vieta l'argomento suicidio nelle pubblicazioni destinate all'infanzia ed all'adolescenza.

E' vietato infine utilizzare i cadaveri dei suicidi a scopo di dissezione anatomica.

Partecipazione al suicidio. Art. 580. Istigazione o aiuto al suicidio. - Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità di intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.

-Determinare al suicidio significa far sorgere in una persona il proponimento di autosoppressione.

-Rafforzare l'altrui proposito vuol dire rendere più ferma e definitiva l'idea del suicidio.

-Agevolare il suicidio consiste nel prestare aiuto materiale ed effettivo fornendo i mezzi necessari, come l'arma, il veleno, il locale.

Atti di cooperazione o di coesecuzione (aprire il rubinetto del gas) costituisce omicidio del consenziente. L'aiuto al suicidio può avvenire anche mediante omissione da parte di chi aveva l'obbligo giuridico di impedire il fatto, come è il caso dell'agente carcerario o dell'infermiere che di proposito si astiene dall'intervenire al fine di agevolare il suicidio del recluso o del ricoverato.

L'elemento psicologico consiste nell'istigare o aiutare consapevolmente al suicidio una persona; lo scopo può essere pietà, ma anche interesse.

L'elemento materiale consiste nell'azione commissiva od omissiva e nell'evento che è previsto in due fattispecie distinte con diversa graduazione della pena: 1) la morte; 2) lesioni gravi o gravissime nel tentativo di suicidio.

Non costituisce reato il tentativo di suicidio istigato al quale consegua una lesione personale lieve o lievissima.

Circostanze aggravanti sono espressamente previste per l'istigazione di infradiciottenni e di soggetti in stato di parziale incapacità di intendere o di volere; in caso di suicidio istigato di minore di quattordici anni o di incapace totale di intendere o di volere il reato equivale all'omicidio doloso.

Accertamenti medico-legali. L'accertamento delle cause di morte di un soggetto deve sempre porre una diagnosi differenziale fra omicidio, suicidio e disgrazia.

Dalle circostanze che emergeranno dal sopralluogo, dalle prove documentali o dalle testimonianze potrà derivare il sospetto o la certezza di un suicidio comune, istigato, di un omicidio di consenziente, di eutanasia, di un caso di omicidio-suicidio, di un omicidio con simulazione di suicidio.

Riflessi giuridico assicurativi. L'atto del suicidio, essendo compiuto contro il naturale istinto di conservazione, è giudicato dai più un gesto compiuto in uno stato mentale di totale incapacità di intendere e di volere. D'altra parte i tentativi di suicidio, anche ripetuti, di persone completamente lucide e "normali", salvo il proposito di farla finita, sembra smentire almeno una generalizzazione di tale ipotesi.

Nondimeno, in materia civile, sono impugnabili gli atti stipulati, o i testamenti redatti immediatamente prima di un suicidio, ai sensi dell'art. 428 e 591 c.c., per incapacità naturale.

In ambito assicurativo I.N.A.I.L. il suicidio o le conseguenze di un tentativo di suicidio vengono riconosciuti solo se espressamente legati a circostanze ricollegabili al lavoro (suicidio dopo aver provocato la morte di un collega, o in seguito ad intossicazione professionale acuta).

In ambito assicurativo I.N.P.S. gli esiti delle lesioni di un tentativo di suicidio sono regolarmente riconosciuti ai fini invalidanti, anche perchè legati sempre ad una patologia di base.

Nel campo delle assicurazioni private le imprese sono tenute al pagamento, ma si tutelano con la carenza, stabilendo un periodo iniziale di due anni durante il quale il rischio resta scoperto, in ciò sostenute dalla legge (art. 1927 del c.c.), salvo patto contrario.